Le Limonaie (o limoniere)

Il termine si riferisce a qualunque costruzione aperta o chiusa adibita al ricovero di vasi di limoni o di agrumi in generale o di piante bisognose di protezione durante la fredda stagione. In particolare il nome viene dato a ristrette aree incassate nelle rocce, disposte a ripiani, dove si ergono solidi e vasti muraglioni ed alti pilastri disposti in lunghe file. Queste aree rappresentano una gloria agricola del passato. Sono i “giardini di agrumi” o appunto “limoniere” del Garda, come li chiamano localmente, ovvero i 'cidriferi colles benacenses', come erano denominati da poeti ed umanisti del ‘500, tra i quali Jodoc di Berg, detto monaco di S. Zeno, che ne decantò ed illustrò in latino le singolari caratteristiche.

Il Limone fu introdotto nella sponda occidentale del lago di Garda tra il 1200 e il 1300, trasportato probabilmente dalla Liguria, dove era coltivato da tempi antichissimi. E’ storicamente documentato che i giardini di agrumi furono ideati e costruiti dai francescani nei terreni di loro proprietà siti nel Comune di Gargnano e nell’Isola del Garda. Il ‘primo’ giardino fu costruito nell’ ex Convento dei frati dove ne esistono tuttora i ruderi. La leggenda attribuisce alla comparsa delle limoniere il significato di un dono del Fraticello d’Assisi all’umanità, quale espressione di grande civiltà in quei tempi tormentati da convulsioni politiche, da aspre guerre religiose e da generale ignoranza. Nella realtà le limoniere esprimono il vittorioso sforzo della volontà umana sugli elementi della Natura per far vivere e produrre nelle zone fredde del clima continentale limoni o cedri, e cioè specie arboree che, in pieno campo, prosperano soltanto nelle zone più calde del clima mediterraneo. Difatti si può dire , senza esagerazione, che furono artificialmente create le condizioni di ambiente – clima e terreno – adatte per la coltura agrumaria, pur facendo affidamento sulle particolari condizioni climatiche del lago.

La costruzione delle grandiose serre richiese certamente notevoli investimenti di capitali e di lavoro. Basti considerare che furono ricavate nella dura roccia a colpi di piccone; che centinaia di migliaia di metri cubi di terra furono prelevati o trasportati con barconi dal territorio dei Comuni di Malcesine e Castelletto siti nell’opposta sponda veronese per formare integralmente il terreno; che decine di migliaia di giornate lavorative furono impiegate per la costruzione dei muraglioni e dei pilastri in muratura, per il trasporto e per la sistemazione del materiale terroso.

Il lavoro ed i capitali non furono impiegati invano. Difatti la coltivazione del Limone nella riviera occidentale del Garda, determinò un sistema agricolo specializzato a carattere industriale e alimentò un fiorente commercio nella più genuina forma cooperativa all’interno e a all’esterno, per mezzo della Società del lago di Garda, costituita nel 1840 con l’adesione totale dei proprietari dei giardini di agrumi in difesa dei propri interessi produttivi e commerciali.

Nell’insieme un giardino di agrumi è rappresentato da una serie di ripiani terrazzati – da due a sei – costruiti addossati alla roccia e disposti parallelamente. Ogni ripiano, largo 5 metri circa e denominato “colle”, è protetto a nord dai rigori invernali da un muraglione alto 8-12 metri, mentre nei lati a sud, ad est e ad ovest, è sostenuto da un parapetto alto 2 metri circa, sul quale si ergono pilastri alti  10 metri e distante 3-3,5 metri , disposti in fila con esposizione a sud. Sui pilastri e sui muraglioni si appoggiano le travi, destinate a sostenere una tettoia costituita da assi, la quale chiude in alto la serra durante l’inverno. Anche lo spazio fra i pilastri può chiudersi durante l’ inverno – di norma da novembre a marzo, con ripari antigelo costituiti da telai a vetro detti “usciere”. Lo spazio fra due pilastri (20 metri quadri), chiamato “campata”, ha solo una pianta di Limone; talvolta lo spazio fra tre campate contiene due piante di Limone e una di Cedro. Le piante di Limone sono coltivate a piramide e possono vivere fino a 100 anni, raggiungendo l’ altezza di 10-12 metri.

Nell’ambiente climatico del Garda la fioritura del limone ha inizio in maggio e continua successivamente, con minore intensità, fino al mese di ottobre. Poiché il frutto matura a un anno dalla fioritura, i raccolti principali sono quelli dei mesi di maggio e giugno: nel primo raccolto si ricava la maggiore quantità di frutti, nel secondo si ottiene una produzione inferiore per quantità, ma di pregio qualitativo superiore.
La produzione media per pianta varia da 1000 a 2000 frutti.

Nel passato con giardini in piena efficienza, si producevano fino a 4000 limoni per pianta e in media 500 limoni mercantili destinati all’esportazione.

Ecco, in sintesi, le tradizionali cure di coltivazione:

- potatura due volte all’anno in aprile e settembre;

- tre sarchiature a maggio, luglio e ottobre;

- concimazione a turno triennale con letame maturo o terricciato;

- irrigazione a seconda delle necessità;

- trattamenti per la lotta contro le cocciniglie con prodotti a base di olii minerali;

- chiusura delle serre da novembre a marzo e riscaldamento interno a seconda dell’ andamento stagionale.

La coltivazione di una limoniera richiedeva elevata attività lavorativa: 600 giornate annue in media per ettaro.

Nel 1880 la consistenza del patrimonio agrumario della riviera occidentale era di circa 30.000 campate, che investivano complessivamente una superficie di 60 ettari circa, compresa nel territorio dei comuni di Gargnano, Maderno, Tignale e Limone.

Dai documenti presso l’ archivio della Società del lago di Garda, abbiamo rilevato alcuni dati economici molto interessanti. Nel ventennio 1840-1860 i Limoni del Garda si esportavano in Russia, in Germania ed in Svizzera per sei milioni circa di frutti, realizzando un prezzo medio di L. 4-5 per 100 limoni, corrispondente al prezzo attuale di L. 1200-1500. La produzione media complessiva era di 15-20 milioni di frutti all’ anno. Dopo il 1860, in seguito ai gravi danni causati alle colture dalla gommosi, la produzione si contrasse a poco più di due milioni di frutti e si mantenne tale fino alla fine del secolo scorso, toccando anche i due milioni e mezzo.

Il Bettoni riferisce che il valore fondiario di una campata di 20 mq era, nel 1879, di L. 2,60, pari a L. 130.000 per ettaro, che ai valori monetari attuali (trecento volte) corrisponde a L. 39.000.000. Sempre nel 1879 le limoniere davano (la rendita nitida di L. 8500 ad ettaro (L. 2.550.000 al valore monetario corrente), rispetto alla “rendita media non depurata” di L. 3600, conseguibile allora dai migliori agrumeti della provincia di Palermo. Si tratta di valori fondiari e di redditi rilevanti che possono sembrare inverosimili nel raffronto con le situazioni odierne di mercato.

La produzione agrumaria gardesana assicurava altresì un reddito di lavoro a categorie artigiane (giardinieri, muratori, falegnami) e a industrie locali (chioderie, fabbriche di carta, di assi e vetrate, spedizionieri, ecc.). L’organizzazione delle vendite avveniva in modo esemplare attraverso una serie ed accurata selezione dei frutti, eseguita da apposito personale specializzato - gli “scartatori”-, il quale classificava i limoni in cinque categorie (fini, sottofini, scarti, scartarelli e cascaticci). La produzione delle prime due categorie era destinata ai paesi esteri ed in particolare alla Russia ed alla Germania, che allora preferivano, anche se a prezzi superiori, i limoni del Garda in quanto più ricchi di succo con elevata percentuale di acido citrico ed inoltre per la maggiore resistenza ai trasporti, per la forma più rotonda del frutto, per la fragranza della buccia sottile e lucida.

Il patrimonio agrumario gardesano è ridotto ad appena duemila piante circa. Nel profilo colturale gli agrumeti in efficienza possono ormai considerarsi un glorioso ricordo e sono conservati dai proprietari per ragioni affettive e con notevoli sacrifici finanziari.

La decadenza della agrumicoltura gardesana è dovuta a cause diverse e soprattutto alla concorrenza delle produzioni dei Paesi del bacino Mediterraneo, dove la coltivazione degli agrumi nel proprio clima, può praticarsi in piena aria con minor spesa di manodopera, senza le costose coperture antigelo e, conseguentemente, a costi di produzione più bassi.

Purtroppo molti ex giardini di agrumi furono abbandonati all’incoltura e sono ridotti, quindi, a ruderi di pilastri e di muraglioni che resistono ancora al logorio del tempo. Forse le serre si sarebbero potute utilizzare convenientemente con colture intensive di tipo floreale ed orticolo. La rimessa in efficienza delle serre abbandonate comporterebbe spese troppo rilevanti.

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